Blog di Giovanni

Blog di Federico

09/07/12

Diario dei Mostrincubi - Il Blavileclavo


Oggi fa caldo. Troppo per questa stagione. Le nuvole se ne restano laggiù ai margini del cielo mentre il sole picchia forte sulle tegole e sulle teste della gente. Non sono abituata. L'afa mi rende lenta, distratta. E non va bene per andare a caccia. Me ne sto rintanata in casa, le persiane socchiuse sperando di acchiappare un refolo di vento ma il mare è immobile, schiacciato da tanta luce, e l'arpione è più pesante che mai.


La sera mi faccio forza ed esco. L'unico posto aperto a quest'ora è la locanda, voglio qualcosa da bere e da mangiare. Qualcosa di fresco. Le pietre piatte che pavimentano la strada sono arroventate dal troppo sole della giornata e l'aria vibra a pochi centimetri dal suolo.
Nella locanda c'è gente. Ho paura di incrociare la vecchia dopo quello che è successo al cane e quando entro mi guarda male. Non più del solito, però. La cosa strana è che si sente abbaiare. Vorrei dare un'occhiata, ma come? Non voglio insospettirla e mi odia già abbastanza. Però là fuori c'è un cane, poco ma sicuro. E sembra proprio il cane della vecchia.


Sembra, perché la testa si è fatta pesante e non sono più così sicura. Ordino da bere e mi siedo vicino alla porta spalancata sulla strada che arde piano piano. C'è gente nella locanda, si è rintanata all'ombra dentro lo stanzone di pietra e legno e cerca il fresco. Ma più persone ci sono, più la stanza si riscalda di fiato e sudore. Non si respira più. Il caldo serpeggia. Respiro a bocca aperta. La gente strilla. Beve. Discute. Volano parole grosse.


Mi alzo. Mi gira la testa. Forte. Qualcuno mi da una spinta. Non ricordo se è stato di proposito o no. Le gambe non mi reggono. Provo ad appoggiarmi al tavolo ma non lo trovo. Qualcuno l'ha spostato... O forse là non c'è proprio mai stato. Cado in avanti e sbatto la bocca sulla panca. Mi rompo un labbro. La botta mi schiarisce i pensieri e afferro l'arpione d'istinto.
Adesso so cosa sta succedendo e ho poco tempo.
Il blavileclavo allunga i suoi filamenti gelatinosi e li fa colare sulle persone. Annebbia la testa e ti fa infuriare. Gli piace la rabbia e più ti arrabbi più stringe i tentacoli che ti serrano la nuca. Stessa strategia del ragno con la sua tela, solo che i filamenti che colano dal soffitto fanno parte dell'incubo stesso. Adora il caldo e i luoghi affollati.


Non capisco quanto tempo sia passato. I tentacoli ormai si sono fatti strada tra le travi del soffitto, nelle fessure del pavimento. L'intera sala comune della locanda ne è invasa. Non me ne sarei mai resa conto se non mi fossi rotta un labbro e il dolore non mi avesse liberata. Se mi muovo, mi ricattura subito. I tentacoli sono capaci di intorpidire uomini molto più robusti di me.
La gente litiga ma i loro movimenti, le loro reazioni, le loro invettive sono rallentate. Si muovono in impeti interiori di furia, ma da fuori sembrano ubriachi marci. Non ho spazio per colpire l'incubo, non ho spazio per muovermi. Il dolore al labbro mi ha risvegliato perché probabilmente non gli piace... E allora ci arrivo: il dolore!


Afferro l'arpione e comincio a punzecchiare tutti quelli che riesco a raggiungere. Non sarà il metodo di caccia migliore ma più avanzo e colpisco e più la gente si risveglia e più i tentacoli si ritirano. Finché non lo vedo appollaiato dentro una scansia colma di piatti e bottiglie. Non gli do modo di reagire. Affondo il colpo e l'incubo ritira gli ultimi tentacoli fremendo prima di appallottolarsi e sparire. Mi giro. Nel caldo della sera c'è chi si massaggia una mano ferita, chi una gamba. Tutti mi guardano male ma sono ancora troppo intorpiditi per prendersela con me.


Infilo la porta e mi allontano velocemente. Per un po', non potrò farmi vedere in giro. Risalgo la strada dalle pietre ormai fredde e torno a casa. Il labbro mi fa male ma non riesco a smettere di sorridere.
È la prima volta che uccido un incubo prendendo ad arpionate il culo della gente.



Nessun commento:

Posta un commento